Quel pensiero non sarebbe venuto alla sua luce, o alla sua ombra, senza essere provocato da quella immagine, che diviene essa stessa sintesi sensibile di una dimensione dell’umano. Da Mantegna a Kiefer, una sequenza di incontri ravvicinati e rischiosi con icone irrinunciabili della nostra civiltà.
Donne, bambini, anziani: sono gli attori di un dramma ormai al centro di una nuova attenzione, protagonisti di un fermo-immagine che comunica rassegnazione e dignità. Quadro-icona dell’esilio ottocentesco, I Profughi di Parga di Francesco Hayez racconta il trauma dello sradicamento. È la vicenda di una piccola città greca, ceduta nel 1819 dagli inglesi all’impero ottomano, un caso internazionale che monopolizza anche l’interesse di Ugo Foscolo. Ma i gesti, gli sguardi smarriti che ci catturano in questo dipinto, coinvolgono lo spettatore dei nostri giorni come quello di allora, poiché sono gli stessi, per noi familiari e recenti, dei profughi afghani e ucraini, e di coloro che a centinaia sbarcano sulle coste delle nostre isole.
Arianna Arisi Rota insegna Storia delle rivoluzioni del Mediterraneo nell’Ottocento e History of Diplomacy nell’Università di Pavia. Con il Mulino ha già pubblicato «I piccoli cospiratori. Politica ed emozioni nei primi mazziniani» (2010), «1869: il Risorgimento alla deriva. Affari e politica nel caso Lobbia» (2015), e «Risorgimento. Un viaggio politico e sentimentale» (2019).