Vuoi accedere con un tuo account social?
Non hai ancora un account?
ISCRIVITI«Il desiderio di cibo ha generato la disobbedienza, e il dolce gustare ha scacciato dal paradiso… Un ventre vuoto prepara a vegliare in preghiera, ma quello sazio conduce al sonno profondo»
Evagrio Pontico
Mangiare e non mangiare, cosa mangiare e cosa non mangiare, sono problemi che accompagnano tutta la storia del cristianesimo (e non solo). Digiuno e astinenza sono pratiche che affrancano lo spirito dagli appetiti corporali e avvicinano a Dio. Papi, cardinali, vescovi, teologi, canonisti hanno dunque scritto, predicato e sentenziato sul mangiare, ma spesso in maniera contraddittoria, perché il concetto stesso di cibo cambia nel tempo e nei luoghi. Astenersi dalla carne, bene: ma l’iguana è carne o pesce? E la vipera? E il cocomero è un cibo, ed è dunque proibito nel digiuno, oppure una bevanda? E il cioccolato? E sarà lecito annusare gli effluvi di una carne che viene cucinata? Nella confusione, i credenti si sono comportati seguendo la necessità, la coscienza, l’appetito. Una storia da meditare, oggi che il comandamento del digiuno e dell’astinenza è vitale più che mai, seppure in una dimensione non più religiosa, nella nostra società.
Claudio Ferlan è ricercatore nell’Istituto storico italo-germanico della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Con il Mulino ha pubblicato «Dentro e fuori le aule. La Compagnia di Gesù a Gorizia e nell’Austria interna» (2013), «I gesuiti» (2015) e «Sbornie sacre, sbornie profane. L’ubriachezza dal Vecchio al Nuovo Mondo» (2018).