Una storiella ebraica assai crudele racconta di un uomo che va in un ristorante kosher a New York ed è colpito nel sentire che il cameriere cinese gli si rivolge in un elegante yiddish lituano.
Prima di andarsene individua il proprietario del ristorante e gli chiede:
«Avete un cameriere cinese?»
«Sì, è arrivato da Shanghai un anno fa»
«Ma parla perfettamente yiddish!»
«Ssst! Lui pensa di stare imparando l’inglese»
Come vi spiego il mondo senza annoiarvi «Nel 2009 mi chiesero di tenere una conferenza a Budapest. Su quale argomento? A mia libera scelta. Una cosa che detesto. Una possibilità, dissero, era quella che chiamavano “ego-histoire”. Un’autobiografia? No, piuttosto il resoconto di una carriera intellettuale: i temi studiati, le persone incontrate, le vicende vissute. Pensai che sarebbe stato divertente. E così fu: non solo mi divertii a fare la conferenza, ma anche il pubblico sembrò apprezzare molto. Tornato a casa, mi misi a scrivere un libro: questo». In cui si parla di un soldato riluttante, prima, e finto psicoterapeuta poi, che finisce casualmente per diventare sociologo, passando dal Greenwich Village al profondo Sud degli Stati Uniti, dalla Germania postbellica al Messico, dall’Estremo Oriente al Sudafrica, araldo di un’inedita «globe trekking sociology».
Peter L. Berger è professore emerito nella Boston University. Per il Mulino ha pubblicato tra l’altro «Homo ridens» (1999), «Elogio del dubbio» (con A. Zijderveld, 2011), oltre al fondamentale «La realtà come costruzione sociale» (con T. Luckmann, 1969).