«Le sue osservazioni sul crescere della disuguaglianza, l’accaparramento delle terre, la spregiudicatezza della finanza, la distruzione della biosfera costituiscono una diagnosi dei nostri tempi instabili e sconcertanti, un campanello d’allarme che ci voleva»
Ash Amin
«Disuguaglianza», «povertà»: termini appartenenti alla vecchia logica di inclusione che governava sia i paesi comunisti, sia quelli capitalisti dopo le devastazioni della Seconda guerra mondiale. Dovremmo invece parlare oggi di «espulsioni», termine che meglio corrisponde a quel processo dell’economia politica globale che spinge forzosamente lavoratori, piccole e medie imprese, agricoltori al di là dei confini del sistema, rendendoli invisibili e consegnandoci indicatori economici più favorevoli ma svianti. Ogni misura di austerità ridefinisce e riduce lo spazio economico, e i programmi di risanamento del debito - argomenta il libro - altro non sarebbero che «meccanismi disciplinari» finalizzati non a massimizzare l’occupazione e la produzione, ma a rafforzare la nuova economia, quella delle «formazioni predatorie».
Saskia Sassen insegna Sociologia alla Columbia University. Tra le sue opere: «Globalizzati e scontenti» (Il Saggiatore, 2002), «Una sociologia della globalizzazione» (Einaudi, 2008), «Territorio, autorità, diritti» (Bruno Mondadori, 2008) e, per il Mulino, «Le città nell’economia globale» (nuova ed. 2010).