Nel 1945, nella desolata Berlino postbellica, mentre i giuristi delle Forze alleate discutono sulle norme fondamentali dei processi contro i crimini di guerra, Schmitt redige un lungo parere giuridico sulla punibilità dei responsabili della guerra d’aggressione, affermando che non esistono precedenti per considerarla un crimine. E anche se le guerre di aggressione fossero state trattate come un crimine, gli industriali che avevano contribuito ad armare il Reich non avrebbero potuto essere incriminati, vista l’enorme pressione a cui erano sottoposti nel regime nazista. Pubblicato postumo, il testo viene adesso proposto per la prima volta al lettore italiano, che vi ritroverà dispiegata la raffinata e controversa capacità d’analisi del grande giurista tedesco.
Carl Schmitt (1888-1985) ha insegnato in varie università tedesche, prima di diventare professore all’Università di Berlino nel 1933. Ritiratosi a vita privata alla fine della guerra, continuò a dedicarsi al diritto internazionale. Fra le molte sue opere tradotte in italiano ricordiamo, pubblicate dal Mulino, «Le categorie del “politico”» (1972, ultima ed. 1998), «Cattolicesimo romano e forma politica» (2010), «Sul Leviatano» (2011), «Amleto o Ecuba. L’irrompere del gioco nel dramma» (20122) e «Il valore dello Stato e il significato dell’individuo» (2014).