Nella storia del pensiero occidentale l’idea di partito ha suscitato critiche, sospetti e condanne, nel timore che l’affermarsi di una fazione potesse distruggere la concordia dell’ordine politico.
La svolta decisiva si ha al principio del Novecento, quando emergono le organizzazioni di massa destinate a segnare
il secolo. È allora che i partiti cessano di essere considerati un fenomeno deteriore, per diventare le basi più salde e autentiche dello Stato, sia nei regimi autoritari sia nelle nuove democrazie parlamentari. Ma le ombre infauste non si diradano del tutto
e nemmeno oggi cessano di avvolgere la sagoma del partito che, come testimonia la cronaca quotidiana, continua a incarnare agli occhi di molti l’immagine peggiore dell’agire politico.
Damiano Palano insegna Scienza politica nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Tra i suoi libri: «Volti della paura. Figure del disordine all’alba dell’era biopolitica» (2010) e «La democrazia e il nemico. Saggi per una teoria realistica» (2012), pubblicati da Mimesis.