Che si parli di Ogm, cellule staminali o situazioni di fine vita,
il dibattito pubblico sembra prigioniero di uno schema consolidato. Da un lato
i fautori di uno sviluppo illimitato della tecnoscienza; dall'altro, coloro
che invocano un argine all'invasione di campo della ricerca in ambiti tradizionalmente
appannaggio di scelte e pratiche sociali, politiche o religiose. Paradossalmente
i due fronti condividono un medesimo pregiudizio. Entrambi considerano scienza
e società come entità internamente compatte, rigidamente separate e reciprocamente
impermeabili. Alla scienza spetta di mettere continuamente sul tavolo nuove
proposte, che la società attende al varco per boicottarle. In realtà i frequenti
cortocircuiti tra discorso scientifico e opinione pubblica, tra le priorità
della ricerca e le aspettative di cittadini e consumatori erodono i confini
tra scienza e società evidenziando le divisioni entro i rispettivi fronti: si
pensi ad esempio alle discussioni su temi quali il clima, l'energia nucleare
o la biomedicina. E' questo intreccio - qui illustrato in una stringente argomentazione
- ad alimentare l'antagonismo fra scientisti e antiscientisti, in un illusorio
gioco delle parti che impedisce di cogliere e di valorizzare pienamente le sfide
della tecnoscienza.
Massimiano Bucchi insegna Scienza, Tecnologia e Società
all'Università di Trento. Tra i suoi libri: "Scegliere il mondo che vogliamo.
Cittadini, politica, tecnoscienza" (Il Mulino, 2006, tradotto anche in inglese);
"Handbook of Public Communication of Science and Technology" (con B. Trench,
Routledge, 2008); ha ideato e curato l'"Annuario Scienza e Società" (con F.
Neresini, Il Mulino, 2010).