Qual è il ruolo politico dell'occhio? In una prospettiva forse ovvia, i pochi "tengono d'occhio" i molti e lo sguardo del potere appare totale. Al tempo stesso, però, orientando il proprio sguardo verso i pochi e verso il loro "splendore" - corti, palazzi, monumenti, riti, simboli, spettacoli -, i molti ne ricavano visioni del mondo e modelli di vita. Ma davvero si esaurisce in questo il senso politico del nostro guardare ed esser guardati? Davvero il nostro "stare di fronte" è tutto dominato da un lato dalla sorveglianza occhiuta del potere, dall'altro dalla nostra propensione a farcene imporre legittimità, giustizia, modelli? Sulla scorta delle idee di Camus, Canetti e Simmel, delle creazioni letterarie di Greene, Pasolini e Karen Blixen, nonché delle suggestioni pittoriche di Bruegel e di quelle cinematografiche di Peter Weir, l'autore afferma, con grande passione civile, la volontà di vincere la disumanità dei tempi ritrovando proprio nell'occhio la promessa d'una libertà imprevista.
Roberto Escobar insegna Filosofia politica nell'Università di Milano e collabora con il "Sole-24 Ore". Con il Mulino ha già pubblicato "Metamorfosi della paura" (1997), "Totò. Avventure di una marionetta" (1998) e "Il silenzio dei persecutori ovvero il Coraggio di Shahrazàd" (2001).