Perché l'orrore non cessa di abitare il mondo? Perché la ferocia degli uomini ci appare inesauribile? Perché mentre si conclude una guerra un'altra comincia? La risposta a tali interrogativi è data spesso in termini di bene e male. Per dimostrare che la battaglia contro il terrorismo è necessaria e razionale, ad esempio, si ricorre a potentissime "retoriche" basate sulla contrapposizione tra buono e malvagio, amico e nemico, orgoglio e vergogna, civiltà e barbarie. Queste narrazioni sono altrettante strutture culturali. Da episodio storico che era, lo sterminio nazista degli ebrei è stato culturalmente ridefinito come Olocausto, diventando un simbolo universale della sofferenza umana e della corruzione morale. Analogamente, l'11 settembre e la reazione che ha scatenato possono essere letti come iterazione di una dialettica culturale secolare tra Occidente e Islam. Di tali strutture culturali, tuttavia, spesso non siamo consapevoli. Mostrando come si traducono in concrete azioni e istituzioni, Alexander si propone qui di portare alla luce queste poderose quanto invisibili forze simboliche, emotive, morali: imparando a controllarle, a comprendere i meccanismi reali della degradazione e della violenza, potremo attrezzarci per disinnescarli e far sì che la speranza incida in modo più tangibile nel mondo.
Jeffrey C. Alexander è professore di Sociologia nella Yale University, dove è anche co-direttore del Center for Cultural Sociology. Tra le sue opere tradotte ricordiamo "Teoria sociologica e mutamento sociale" (Angeli, 1990).