Bologna, 6 febbraio 2024Cara lettrice, caro lettore,bentornato su in Macina, la newsletter che ti racconta la vita della casa editrice il Mulino.Lo scorso 30 gennaio un nostro libro fresco di stam...

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La newsletter che ti racconta la casa editrice il Mulino

Bologna, 6 febbraio 2024

Cara lettrice, caro lettore,

bentornato su in Macina, la newsletter che ti racconta la vita della casa editrice il Mulino.

Lo scorso 30 gennaio un nostro libro fresco di stampa è stato «ricevuto» al Quirinale dal Presidente della Repubblica: oltre a onorarci, l’incontro è stato ricco sul piano culturale.

Stiamo parlando della Storia delle Democrazia Cristiana. 1943-1993 scritta a sei mani da Guido Formigoni, Giorgio Vecchio e Paolo Pombeni (da sinistra a destra nella foto).

Tre storici contemporaneisti che a trent’anni dalla scomparsa del primo partito della cosiddetta Prima Repubblica hanno tentato una storia complessiva, forti della disponibilità di nuovi archivi, pubblici e privati.

Sergio Mattarella ha vissuto in prima persona quel periodo storico, e anche per questo l’incontro si è rivelato interessante.

Secondo Paolo Pombeni, emerito dell’Università di Bologna e direttore della rivista «il Mulino»:

«Il Presidente ha colto lo spirito con cui abbiamo lavorato: non celebrare un evento, ma ricostruirlo con il massimo rigore dovuto per trarre riflessioni sulle nostre radici e, per quel che è possibile, sul modo di rispondere alle nuove sfide che il nostro tempo ci mette davanti».

Guido Formigoni, che insegna Storia contemporanea nell’Università Iulm di Milano, ha aggiunto:

«Mattarella ci ha intrattenuto su alcuni snodi di una così lunga vicenda storica, ma di più ancora sul senso della ricostruzione scientifica del passato, sulle prospettive della ricerca, della lettura e dell’editoria nel nostro paese. La sua attenzione per questi temi è costante e confortante».

Infine Giorgio Vecchio, già docente nell’Università di Parma e oggi presidente del comitato scientifico dell’Istituto Alcide Cervi:

«Mi ha positivamente colpito un’osservazione del Presidente: il libro è stato scritto da tre autori, ma possiede una sua coesione e una sua unità, cosa che non sempre succede in casi del genere».
 


La DC, una celebre sconosciuta

La comprensione del ruolo della Dc nella storia d’Italia fatica a trovare un suo equilibrio storiografico, perché la memoria del Paese oscilla ancora tra la demonizzazione e il rimpianto. È da questo problema che prende le mosse il nostro libro.

Gli autori lo spiegano molto bene nell’introduzione, di cui ti proponiamo questo estratto:

«La Democrazia cristiana non è un fenomeno molto studiato. La scarsa attenzione intellettuale nei suoi confronti è uno dei paradossi più difficili da spiegare della cultura storiografica e politologica contemporanea.

Eppure, nella memoria storica del paese la Dc è presente in diverse forme: immaginario filmico, racconti biografici, ricorrenze memoriali, spezzoni iconografici, riportano spesso all’attenzione dei media la storia di questo partito e dei suoi dirigenti. Ma curiosamente – proprio a causa dell’assenza di un’equilibrata storicizzazione – tale memoria ci pare oscillare troppo spesso tra demonizzazione e nostalgia.

Da una parte, pesa l’oscura e critica eredità di una parabola di decadenza della impropriamente detta «prima Repubblica», con una sequela di misteri e di oscure trame, nella cui rappresentazione a volte ingigantita e spettacolarizzata balenano spesso i protagonisti del partito con lo scudo crociato.

Dall’altra, siamo ormai abituati a frequenti, anche se occasionali, riscoperte dei meriti e delle qualità di una classe politica che nel suo insieme comincia a essere ritenuta da molti osservatori più presentabile di quella che le è succeduta.

Qualche anno fa, tale ambiguità di ricordi ha preso la forma della contrapposizione estrema tra due processi: quello canonico di beatificazione avviato per Alcide De Gasperi, e quello giudiziario per associazione mafiosa che ha riguardato il suo giovane collaboratore e poi leader del partito Giulio Andreotti.

Non a caso, peraltro, ambedue i percorsi non hanno portato a risultati definitivi, lasciando ancora aperta la domanda storica sulla vera collocazione di questi e altri protagonisti nella storia del nostro paese».
 


Il Mulino nasce nel 1954 e quest’anno compie 70 anni: come ti avevamo promesso nella prima in Macina inizia oggi una rubrica che ci accompagnerà fino alla fine del 2024.

Un anno lungo settanta sarà un racconto in pillole della storia del Mulino, pensato innanzitutto per i nostri lettori più giovani che poco o nulla sanno dell’editore di buona parte dei loro manuali universitari.
 


La prima cosa da sapere è che il Mulino non nasce come casa editrice ma come rivista, o meglio come giornale universitario. Il primo numero è di 8 pagine ed ha un formato da quotidiano: 32 x 44 cm. Il sottotitolo è «quindicinale di informazione culturale e universitaria». Esce il 25 aprile 1951, perché i ragazzi che fondano il Mulino si sentono innanzitutto figli della Liberazione.



Dal novembre dello stesso anno «il Mulino» assume le forme di un periodico (che non abbandonerà più, ancora oggi il trimestrale ha una foggia simile). Per capire qual era il programma di quei ragazzi basta leggere la meravigliosa quarta di copertina:

«Rivista di attualità e cultura, il Mulino esce a Bologna ogni mese e tratta di arti, storia e scienza. Svolge una critica del costume contemporaneo nei suoi aspetti morali, politici, economici. Esprime le esigenze della generazione che oggi lascia o frequenta l’Università; e reca il proprio contributo ad una mediazione fra cultura accademica e cultura “militante”. È libero da pregiudizi e dogmatismi, fa della libertà la ragione della sua esistenza e riconosce nella cultura documentata una possibilità di politica».
 


A fondare la rivista «il Mulino»  sono stati sette ventenni: Fabio Luca Cavazza, Luigi Pedrazzi, Pier Luigi Contessi, Antonio Santucci, Nicola Matteucci, Gianluigi Degli Esposti, Federico Mancini.

Nel corso del 2024 li conosceremo uno a uno, e proveremo a raccontarti come da una rivista può nascere un editore.

Per il momento è tutto, alla prossima in Macina!

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