Per un punto Martin perse la cappa. Così suona il detto popolare che indica coloro che, per un nonnulla, falliscono in un’impresa importante. Come il monaco Martino perse la cappa, che lo avrebbe promosso a canonico, perché aveva dimenticato di mettere un punto nel testo che stava scrivendo, allo stesso modo Orfeo, per un fuggevole sguardo rivolto a Euridice uscendo dall’Ade, la perse per sempre. Perché Orfeo si voltò a un passo dal portare a compimento la sua impresa? L’antropologia del mondo antico ci spiega il significato del fallimento di Orfeo, come di tanti altri aspetti della classicità che ci appaiono bizzarrie, ma che grazie al loro contesto di riferimento illuminano i meandri di una cultura e di una struttura sociale lontane dalla nostra. Questo libro è un percorso in dieci lezioni che vanno dal ruolo del silenzio al valore vincolante degli incantamenti e della magia, dalla giustizia popolare alla fluida identità delle divinità e alla biologia selvaggia. Per rispondere alle domande poste dai testi e dalle tradizioni classiche senza pregiudizi, uscendo dai nostri quadri mentali.
Maurizio Bettini, classicista e scrittore, dirige il Centro Antropologia e Mondo Antico dell’Università di Siena. Tra i suoi libri recenti ricordiamo «Roma, città della parola» (2022), «Chi ha paura dei Greci e dei Romani?» (2023) e con il Mulino «Il grande racconto dei miti classici» (nuova ed. 2018), «Dai Romani a noi» (con F. Prescendi e D. Morresi, 2019), «Hai sbagliato foresta. Il furore dell’identità» (2020), «Radici» (nuova ed. 2022) e «Romolo. La città, la legge, l’inclusione» (2022).
- Premessa
- PARTE PRIMA: IN GRECIA
- I. Perché Orfeo si è voltato?
- 1. Patologie della comunicazione
- 2. Disavventure della memoria
- 3. L’amnesia dei morti
- 4. Per un punto Orfeo perse la cappa
- 5. Orfeo non fu il solo a «perdere la cappa»
- 6. Medicina, stregoneria e mitologia
- II. Visibilità e invisibilità nei poemi omerici
- 1. Il doppio regime narrativo della visibilità divina
- 2. Il paradosso dell’apparire divino
- 3. L’inganno degli occhi
- 4. Divinità in immagine: la statua e la presenza
- 5. Indossare una nuvola
- 6. Le sostanze dell’invisibile
- 7. Altre illusioni
- 8. Nuvole ingannatrici
- 9. La povera vista dei mortali
- 10. L’identità degli dèi: sé stessi e altri da sé
- III. Un destino a porzioni
- 1. Mors tua, vita mea
- 2. Il filo della vita
- IV. Le imbarazzanti donne di Lemno
- 1. Dumézil in terra greca
- 2. Cattivi odori e separazione
- 3. Un eccessivo fervore frazeriano
- 4. Cattivi odori, una colpa e un fuoco che viene «di lontano»
- 5. Violenza e Settimana Santa
- 6. Strumenti delle tenebre
- PARTE SECONDA: A ROMA
- V. Tacimi o diva… La Musa del silenzio
- 1. Il silenzio romano
- 2. Un rituale per Tacita
- 3. Historiola
- 4. Maldicenza e giochi di parole
- 5. Fili, piombo, pece e teste di pesce
- 6. Fave e topolini
- 7. Calembour e magia
- VI. Cantare scongiuri e cantilenae
- 1. Categorie native: canere e cantare
- 2. Quando entra il mago, l’indovino esce di scena (e viceversa)
- 3. Tra canti e scongiuri
- VII. La «giustizia popolare» a Roma
- 1. Liti sulla scena plautina
- 2. Reflagitare, la flagitatio e il convicium
- 3. Cantare e cantilenare il disagio
- 4. Altre proteste
- 5. Forme letterarie e modelli culturali
- 6. «Preletterario» e la tenacità dell’evoluzionismo
- VIII. La grammatica degli dèi
- IX. La «biologia selvaggia» dei Romani
- 1. Il latte del/dal padre
- 2. Medullae
- 3. Saliva
- 4. Dal sucus al genius alla iuno
- 5. La formazione del feto e il caglio del latte
- 6. Le Nonae Caprotinae e il «caglio» del feto
- 7. Una «biologia divina» del corpo femminile
- 8. Seme e urina
- X. L’incesto a Roma: un crimen indicibile
- Per approfondire
- Indice dei nomi