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ISCRIVITIIrti scogli, anfratti sul mare, animali dei monti allora siete voi la mia sola famiglia, e le pietraie scoscese le sole a cui possa rivolger la parola. E a voi – mia sola compagnia – dedico il mio pianto su quanto m’ha fatto il figlio di Achille.
Un gramo destino, quello di Filottete. Scacciato dai compagni che assediano Troia perché disgustati dalla sua piaga immonda e inguaribile, è abbandonato su un’isola deserta, dove trascina una vita di stenti per nove anni. Quando una profezia annuncia che solo con lui e con il suo arco infallibile – dono di Eracle – si otterrà la vittoria, Ulisse e Neottolemo, figlio di Achille, arrivano sull’isola per condurlo, con le buone o con le cattive, a Troia. Da qui un dramma teso allo spasimo, che mette in scena questioni che toccano la coscienza di ognuno: l’esclusione del malato e la sua solitudine senza rimedio, il conflitto tra presunti interessi superiori e la pietà, lo scandalo assurdo della sofferenza, l’enigma della condizione umana sotto un cielo muto e imperscrutabile.
Enrico Testa insegna Storia della lingua italiana all’Università di Genova. È poeta e autore di saggi. Fra i suoi libri recenti: «L’italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale» (Einaudi, 2014) e «Montale» (Le Monnier, 2016). Con il Mulino ha già pubblicato «Bulgaro. Storia di una parola malfamata» (2019).