«Se tu vedi un fanciullo, una donna, un vecchio affaticarsi impotentemente per qualche operazione in cui la loro debolezza impedisca loro di riuscire, è impossibile che tu non ti muova a compassione, e non procuri, potendo, di aiutarli. E se tu vedi che tu dai incomodo o dispiacere […] ad alcuno il quale soffre senza poterlo impedire, sei di marmo, o di una irriflessione bestiale, se ti dà il cuore di continuare»
Giacomo Leopardi
Solidarietà, empatia, simpatia, compassione: parole di cui oggi nel discorso pubblico e nel linguaggio della politica si è quasi persa traccia. E questo, proprio mentre milioni di uomini e donne chiedono aiuto attraversando mari e tribolazioni, e mentre la povertà e le diseguaglianze crescono anche nel mondo ricco. Perché entrare in contatto con le emozioni altrui è diventato così difficile? E che cosa accade quando un essere umano le vede e le sente, le emozioni dell’altro? È subito spinto a condividerle, a muoversi in aiuto del prossimo in difficoltà, o per decidersi a farlo ha bisogno di un Dio, di una Verità, di un’Ideologia?
Roberto Escobar insegna Filosofia politica nell’Università di Milano e collabora con «Il Sole 24 Ore». Con il Mulino ha fra l’altro pubblicato «Metamorfosi della paura» (20153), «La paura del laico» (2010), «Eroi della politica. Storie di re, capi e fondatori» (2012), «La fedeltà di Don Giovanni» (2014) e «Totò. Avventure di una marionetta» (20172).