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ISCRIVITI«L’alcol è diventato tra le nostre mani pure un’arma formidabile, poiché le nazioni del nuovo mondo sono state domate e distrutte più dall’acquavite che dalle armi da fuoco»
Jean Anthelme Brillat-Savarin, 1825
Stivate di barili colmi di bevande alcoliche e di uomini pronti a svuotarli: le navi che dai porti del Vecchio Continente salparono alla volta delle Americhe portarono in quei luoghi un nuovo sapere alcolico. Inclini al bere, educati alla mistica del vino, frequentatori di taverne, i colonizzatori incontrarono dall’altra parte del mondo culture indigene tra loro molto diverse, che avevano stabilito nei secoli rapporti complessi con una vasta serie di prodotti fermentati, rapporti in cui il rituale dell’ubriachezza poteva a volte assumere un carattere di sacralità. Dall’impatto sorsero nuovi modi di bere all’eccesso: sbornie epocali, malsane, curative, profetiche, battagliere, mortali, punibili, estatiche, comuni, solitarie, artistiche, visionarie, sacre, profane.
Claudio Ferlan è ricercatore nell’Istituto storico italo-germanico della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Per il Mulino ha pubblicato «Dentro e fuori le aule. La Compagnia di Gesù a Gorizia e nell’Austria interna» (2013), «I gesuiti» (2015) e ha curato «Avventure dell’obbedienza nella Compagnia di Gesù» (con F. Alfieri, 2012) e «I gesuiti e i papi» (con M. Catto, 2017).