«Per ciò che riguarda Arpinati, la colpa è mia. Se non ci fossimo incontrati, sarebbe probabilmente rimasto un bravo e innocuo anarchico. Si era trasformato in un cattivo fascista ed ora è liberale, in ritardo di cinquant’anni. Mi dicono che treschi coi partigiani».
Mussolini ad Alberto Giovannini
Anarchico, interventista, fascista della prima ora, conterraneo e amico di Mussolini, Leandro Arpinati (1892-1945) è stato una delle figure principali, e dal destino più insolito, nel regime fascista. Capo dello squadrismo bolognese, segretario del Fascio cittadino, vicesegretario del partito e podestà di Bologna, poi sottosegretario agli Interni, nel 1933 fu rimosso e spedito al confino. Finì isolato, ma non dimenticato, nella sua tenuta alle porte di Bologna. Dopo l’8 settembre 1943 rifiutò l’offerta di tornare a collaborare col duce, e anzi ebbe contatti con la Resistenza. Ma il suo nome era troppo legato al fascismo e il 22 aprile 1945, poche decine di minuti dopo l’arrivo degli alleati, un commando partigiano lo uccideva.
Queste pagine ne ripercorrono la complessa vicenda umana e politica, di cui restituiscono le molteplici ombre.
Brunella Dalla Casa ha diretto l’Istituto per la Storia della Resistenza nella provincia di Bologna. Con il Mulino ha pubblicato «Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni» (2001) e ha curato «Malacappa. Diario di una ragazza 1943-1945» di Giancarla Arpinati (2004).