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ISCRIVITIKeynes aveva previsto che nei primi decenni di questo secolo, per effetto del progresso tecnico, noi tutti avremmo lavorato non più di quindici ore la settimana... Perché invece negli Stati Uniti, il paese tecnologicamente più progredito, la quantità di ore lavorate è tra le più elevate del mondo, mentre in Europa vengono abolite feste nazionali e si cerca di aumentare le ore di lavoro settimanali? Perché insieme all'intensità, flessibilità e precarietà del lavoro sono cresciute anche le diseguaglianze tra i lavoratori? Alla luce di tali interrogativi Dore rilegge i diversi modelli di capitalismo: vede indebolirsi il modello renano della solidarietà sociale e affermarsi ovunque un modello individualista, orientato al mercato. In questo scenario l'egemonia culturale americana si impone prepotentemente attraverso il mercato globale del lavoro, le imprese che ne fanno parte, l'elite globale formatasi nelle business school americane, e sembra costituire il riferimento principale. Nel nome della libertà, non vi è solo più diseguaglianza, ma anche una maggiore tolleranza delle diseguaglianze. E tuttavia, di recente l'intero sistema globale, percorso da numerose fonti di tensione, ha dato segno di scricchiolare. Come sottolinea l'autore è difficile prevedere se questi fermenti porteranno alla riscoperta di altre istanze della società: come l'uguaglianza e la fraternità, nel trade-off con la libertà.
Ronald Dore è associate Researcher presso la London School of Economics. Con il Mulino ha pubblicato "Bisogna prendere il Giappone sul serio" (1990) e "Capitalismo della borsa o capitalismo del welfare" (2001).