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ISCRIVITIIn due quaderni di scuola, neri e con il taglio rosso, è contenuto questo breve e intensissimo diario che una ragazza scrisse quasi quotidianamente negli anni di guerra. Non è una testimonianza qualunque: l'autrice è infatti figlia di Leandro Arpinati, uno dei massimi esponenti del fascismo negli anni Venti, poi caduto in disgrazia. Fra il 1943 e il 1945 casa Arpinati a Malacappa, nella campagna bolognese, è per così dire un concentrato di guerra civile: vanno e vengono vecchi fascisti, antifascisti ricercati dai repubblichini, vi si nascondono militari alleati e vi prendono alloggio reparti tedeschi, in una situazione che con l'avvicinarsi del fronte, fra bombardamenti e rappresaglie, deportazioni e violenze, si fa via via più drammatica fino al 22 aprile 1945, quando l'attesa liberazione coincide con l'uccisione di Arpinati a opera di un commando partigiano. Tutto ciò è però raccontato, almeno finché la situazione non precipita, da una ragazza partecipe sì degli avvenimenti ma insieme presa dai problemi e dalle aspirazioni della propria età, dalle confidenze delle amiche, dalle baruffe con il fidanzato, dalle insistenze dei corteggiatori, insomma attenta a salvaguardare, nella burrasca di quei giorni, una misura di normalità. E nell'impasto di leggerezza e tragedia risiede il carattere unico, fresco e immediato, di questa straordinaria testimonianza che riaffiora, dopo sessant'anni, dalle macerie della guerra.
Giancarla Arpinati vive a Malacappa, in provincia di Bologna; nel 1968 ha pubblicato anche "Arpinati, mio padre" (Il Sagittario). Brunella Dalla Casa, curatrice del volume, dirige l'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna e con il Mulino ha pubblicato "Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni" (2000).