10.06.17 - KoreanWar/2

Fantasmi nella Happy Valley


di

Gastone Breccia, bizantinista e storico militare, è in Corea per un reportage sulle guerre passate e sulle tensioni recenti. Questo è il suo diario che diventerà un libro per il Mulino.

Fermiamo la macchina a pochi metri dal fiume. Oggi l'acqua è molto bassa, perché siamo alla fine della stagione secca; la notte del 4 gennaio 1950 era ghiacciata, il filo della corrente indistinguibile dal fondo della valle coperto di neve. Andrew* ci indica il ponte della ferrovia: è rimasto lo stesso, dice, e ci spiega che accanto al pilone occidentale i cinesi avevano piazzato una mitragliatrice pesante per bloccare la ritirata ai Royal Ulster Rifles, il battaglione rimasto in retroguardia a proteggere la strada verso Seoul. "Gli irlandesi presero d'assalto la posizione lanciando bombe a mano quasi alla cieca, e poi caricando alla baionetta"...

I fucilieri dell'Ulster - circa 600 uomini appoggiati da dieci vecchi carri Cromwell - avevano ricevuto ordine di sganciarsi e ripiegare col favore del buio: l'offensiva nemica era in pieno svolgimento, apparentemente inarrestabile, e il comando delle Nazioni Unite aveva deciso di abbandonare la capitale per stabilire una linea di resistenza a sud del fiume Han. Gli irlandesi erano pronti; nonostante la situazione critica, il giorno precedente erano riusciti a difendere le loro posizioni nella valle di Koyang - da loro ribattezzata Happy Valley, la "valle felice" - e il morale era alto, perché erano stati uno dei pochissimi reparti a non cedere di fronte alle "ondate umane" della fanteria nemica. Ora si apprestavano a mettere in atto una delle manovre più difficili in guerra, ovvero rompere il contatto e ripiegare in buon ordine su nuove posizioni senza subire perdite.

Erano pronti e fiduciosi, ma la fortuna li abbandonò quasi subito: mentre la lunga fila di uomini si snodava lungo la pista del fondovalle, puntando verso sud, e i carri armati rimasti indietro facevano fuoco sulle posizioni nemiche per dare l'impressione di un contrattacco imminente, un aereo americano sganciò per errore dei bengala che illuminarono a giorno l'intera zona. Gli irlandesi si immobilizzarono, mentre i loro ufficiali furibondi tentavano di segnalare al pilota di allontanarsi, ma era ormai troppo tardi. Pochi istanti dopo i cinesi cominciarono a sparare dalla cresta occidentale, inviando subito dei distaccamenti a tagliare la strada al battaglione in ripiegamento. Si scatenarono due mischie furibonde in prossimità del ponte della ferrovia e tra le strade del villaggio di Koyang: qui cadde il comandante del battaglione, il maggior Tony Blake, guidando i suoi soldati all'assalto per liberare la strada, mentre in retroguardia i Cromwell si sacrificavano per rallentare l'avanzata cinese, e venivano distrutti uno dopo l'altro.

I Royal Ulster Rifles persero 157 uomini e tutti i mezzi corazzati: un sacrificio non del tutto inutile, perché la loro resistenza aveva fatto guadagnare almeno trentasei ore ai civili in fuga da Seoul. Alcuni mesi dopo, quando rioccuparono la zona, gli irlandesi costruirono un piccolo monumento per ricordare i lor caduti, spostato dopo la guerra di fronte al municipio di Belfast. Gli abitanti della zona lo circondarono con una siepe di pruno selvatico, che i coreani credono abbia il potere di tener lontani i fantasmi; stranamente la stessa tradizione esiste anche in Irlanda, dove si dice che gli spettri malvagi non possano attraversare i fitti rami di blackthorn...

Con Andrew torniamo in macchina e raggiungiamo la strada principale, piuttosto trafficata. È difficile immaginare ragazzi venuti da tanto lontano combattere disperatamente e morire qui, tra la neve, in una notte di gennaio. In un paese di cui ignoravano quasi tutto, nel cuore di una guerra di cui non avrebbero saputo nemmeno dire la causa. Cosa poteva significare, nel gennaio del 1951, la "libertà dal comunismo in estremo oriente" per un giovane cresciuto a Derry o a Belfast negli anni quaranta? Eppure combatterono con tenacia e con coraggio, e tornarono a combattere appena il battaglione ebbe ricevuto i rincalzi...

A Seoul, nel piazzale di fronte al grandioso War Memorial, il monumento che ricorda la partecipazione britannica ha un'iscrizione molto semplice: A distant obligation, honourably discharged - "un impegno lontano, portato a termine con onore". Qualsiasi cosa si possa pensare della guerra di Corea, sono certamente le parole più giuste per ricordare i morti di Happy Valley, e placare i loro fantasmi.

* Andrew Salmon vive a Seoul da oltre vent'anni. Giornalista e storico, ha scritto tra l'altro To the Last Round. The Epic British Stand on the Imjin River, Korea 1951 (London 2009), a mio avviso uno dei migliori libri sulla guerra di Corea. Ho visitato con lui i campi di battaglia dell'Imjin e della valle di Koyang.

 


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