Giovannni Vecchi
In ricchezza e in povertà
Il benessere degli italiani dall'Unità a oggi
Un brano dal testo |
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Capitolo secondo, Statura, Brian A'Hearn e Giovanni Vecchi, pagg. 37-44
2. Statura e benessere economico: istruzioni per l’uso
Prima di approfittare dell’inusitata abbondanza dei dati antropometrici
disponibili per l’Italia, è bene approfondire alcune questioni concettuali,
che riguardano la misura in cui la statura possa essere utilizzata
alla stregua del reddito pro capite. Il legame fra statura e condizioni
di vita è sufficientemente stretto per consentire l’utilizzo della prima
allo scopo di studiare l’evoluzione delle condizioni di vita nel tempo e
le loro differenze territoriali? È legittimo usare la disuguaglianza delle
stature come misura della disuguaglianza dei redditi?
Non sono domande semplici. Le difficoltà nascono non solo dalla
complessità della materia (luogo di incontro delle scienze economiche
e sociali con quelle naturali), ma anche dall’impossibilità – per motivi
pratici ed etici – da parte degli scienziati di condurre esperimenti sugli
esseri umani. È per questo che dedichiamo questo paragrafo all’esame
di alcuni insegnamenti fondamentali che emergono da una letteratura
scientifica tanto vasta quanto profonda: la sintesi che ne proponiamo
rappresenta una sorta di «guida rapida per l’uso» a beneficio del lettore che, pur interessato all’impiego della statura come indicatore economico,
non abbia conoscenze specifiche in tema di antropometria e materie affini.
2.1. Alfred e Harry
Stando al Guinness World Record, l’uomo più alto del mondo di ogni
tempo è stato l’americano Robert Pershing Wadlow (1918-1940), con
272 cm; fra le persone viventi, il primato spetta al turco Sultan Kösen,
giocatore di pallacanestro, classe 1983, con 247 cm; fra le donne Sandra
Allen (1955-2008) ha detenuto il record con 232 cm. All’estremo opposto
della scala ci sono individui adulti che non raggiungono il metro di
altezza: la persona più bassa del mondo, recentemente scomparsa, misurava
meno di 75 cm. In mezzo a questi estremi vive il resto della specie
umana, con una statura media stimata intorno ai 175 cm per gli uomini
e 163 per le donne. In generale, la variabilità della statura all’interno
di una popolazione, anche se etnicamente coesa, è considerevole ed è
dovuta principalmente alle differenze nel patrimonio genetico ereditato
dai genitori [Silventoinen 2003]. A livello del singolo individuo, è la
genetica il fattore chiave che spiega la statura.
In merito a quest’ultima affermazione è bene precisare: la statura
di una persona non è un carattere ereditario. Non esiste il «gene della
statura». Ciò che è ereditario è la statura potenziale, ovvero la statura
massima che un individuo può raggiungere. Il raggiungimento di questo
potenziale da parte di un individuo dipende dalle condizioni ambientali,
specialmente quelle che prevalgono durante l’infanzia. La storia di Alfred
e Harry, gemelli inglesi finiti alla ribalta nel corso degli anni Cinquanta,
permette di chiarire il punto. La storia comincia nel 1953, quando la rete
televisiva inglese Bbc mandò in onda il programma Twin Sister, Twin
Brother, all’interno del quale venne lanciato un appello alla nazione
affinché si facessero avanti, «nell’interesse della scienza», i telespettatori
con un gemello identico. Risposero all’appello oltre 2.500 coppie di
gemelli, di cui 44 formate da gemelli omozigoti separati durante il primo anno di vita e allevati in case diverse, da persone diverse, per il resto
della vita. L’opportunità offerta dalla trasmissione televisiva venne colta
da James Shields, in forza presso l’istituto psichiatrico di un ospedale
londinese: la possibilità di disporre di un insieme di individui dotati
del medesimo corredo genetico, ma separati alla nascita, rappresentava
un’occasione straordinaria per misurare l’influenza dell’ambiente sul
fisico umano senza che il confronto tra individui risultasse inquinato
dal fattore genetico: nei gemelli omozigoti, infatti, i geni sono gli stessi,
e dunque non possono essere responsabili delle differenze riscontrate
nelle loro sembianze (peso corporeo e statura).
Dallo studio di Shields [1962], ci occupiamo del caso di Alfred e
Harry, gemelli omozigoti separati a tre settimane dalla nascita. Harry
rimase all’interno della propria famiglia, crescendo circondato da cure
e affetti; ad Alfred toccò invece una sorte peggiore, in quanto venne
affidato a una zia materna, psicotica e crudele, la quale era solita tenere
sotto chiave il bambino, al buio e per periodi prolungati, negandogli
finanche la possibilità di ottenere un bicchiere d’acqua. Nella figura 2.2
del volume vengono mostrati Alfred (a sinistra) e Harry (a destra) in età adulta. Le differenze
antropometriche sono evidenti, e in particolare la differenza della statura,
pari a 8,3 cm, è enorme. L’esperimento naturale dei due gemelli mostra
quanto possano essere ampi e drammatici gli effetti su un corpo adulto
causati dalle offese inflitte dall’ambiente in età infantile: il potenziale genetico di Alfred, gemello «sfortunato», non è stato raggiunto a causa
degli ostacoli posti dall’ambiente.
Il caso considerato illustra un primo insegnamento generale: i geni
– ereditati dai genitori – fissano il tetto massimo della statura che un individuo
può raggiungere, mentre l’ambiente (e cioè le condizioni di vita
materiali in cui cresce l’individuo) influenza la misura in cui la persona
riesce a realizzare il proprio potenziale. Tuttavia, l’importanza dei geni è
di gran lunga superiore del fattore ambientale nel determinare la statura
di un individuo, il che porta a concludere che per le singole persone, la
statura non può essere assunta come una misura del benessere economico.
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