Gianpietro Mazzoleni, Anna Sfardini
Politica pop
Da "Porta a Porta" a "L'isola dei famosi"
Un brano dal testo |
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Capitolo 4. Dalla politica al «politainment», 2. Trasformazione: da politico a soubrette e viceversa, pagg. 75-79
Nei talk show politici, primariamente nel Porta a Porta di Bruno
Vespa, a metà programma accanto a D’Alema, Amato, Rutelli o
Berlusconi possono entrare in studio Anna Falchi, Melba Ruffo,
Valeria Marini, Alba Parietti, Sabrina Ferilli e subretterie varie, con
una seria aggressione alla credibilità della politica della TV, ma con
una conferma spettacolare che la televisione è fungibilità assoluta,
l’importante è esserci […]: d’altronde, a discolpa delle starlet invitate
non si ha notizia di nessun uomo politico che prima di accettare
l’invito abbia posto la condizione ultimativa e politicamente scorretta
“si, ma niente cretine in studio” [Berselli 2003, 472-473].
Questo quadretto del salotto d’onore di Rai Uno ben riassume
alcune specificità della politica televisiva ridotta a contenuto
dell’infotainment nel formato del talk show: in questi spazi
ibridi di serietà e leggerezza, informazione e intrattenimento,
viene legittimato con efficacia il salto di confini tra professionisti
e dilettanti, in nome del diritto d’accesso allo spazio pubblico
mediatizzato e della permeabilità tra aree di competenza diverse.
È così che il politico si ritrova a fare la soubrette, e la soubrette
(o la velina) può diventare un politico. Siamo, evidentemente,
nell’ambito del politainment già solo in virtù del mescolamento
di esperienze vissute sul crinale tra il mondo dello spettacolo e
quello della politica. La strategia della trasformazione si sviluppa
secondo due traiettorie: da star televisiva a politico; da politico
a personaggio televisivo.
Ecco alcuni esempi del primo tipo.
• Il critico d’arte Vittorio Sgarbi, lanciato sulla piazza televisiva
dal salotto del Maurizio Costanzo Show, si impone presto come
voce forte, accattivante e aggressiva, capace di attirare gli ascolti
e per questo contesa tra i canali dell’etere. Personaggio perfetto
per l’arena politica degli anni ’90, diviene più volte membro
del Parlamento e di amministrazioni comunali fino al 2008,
quando viene eletto sindaco della città di Salemi. La carriera di
personaggio televisivo lo consacra al ruolo di «opinionista» (altro
ibrido vivente di politica e spettacolo). Insieme ad Alessandra
Mussolini partecipa, tra l’altro, al programma La pupa e il secchione
(settembre 2006) nel ruolo di giurato.
• La soubrette Alba Parietti, definita «coscialunga della sinistra
», partecipa al programma Chiambretti Night nella puntata
del 6 febbraio 2009, che ha Piero Fassino tra gli ospiti: dopo un
ballo sensuale intorno alla sedia occupata dal politico, la Parietti
dichiara di voler fare politica attiva, pur amareggiata per non
essere mai stata presa in considerazione dal Pd come potenziale
candidata.
• Luca Barbareschi, noto attore e conduttore televisivo, eletto
come deputato del Popolo della libertà alle elezioni politiche
del 2008 e oggi vicepresidente della Commissione trasporti della
Camera, dichiara a proposito delle polemiche sulla partecipazione
al festival di Sanremo 2009 della cantante Iva Zanicchi, sua collega
politica (è eurodeputata dal maggio 2008):
Sono pienamente solidale con Iva Zanicchi, quando riafferma la
legittimità della propria aspirazione a svolgere il proprio lavoro, che
include anche la partecipazione al festival di Sanremo. È incomprensibile
che questo risveglio etico e morale della RAI si registri
solo quando si tratta di artisti che siedono in Parlamento, mentre
altri sono i conflitti d’interesse […] Impedire agli artisti di svolgere
il proprio lavoro mentre siedono in Parlamento, in quanto le loro
apparizioni potrebbero influenzare l’elettorato, equivale inoltre ad
offendere gli italiani, che non sarebbero in grado di distinguere tra
ruolo di cantante della Zanicchi, come il mio di attore, e quello di
rappresentante delle istituzioni [tratto da www.lucabarbareschi.it].
• In preparazione alla stesura dell’elenco dei candidati per
l’elezioni europee 2009, la sede romana del Pdl organizza un corso
di formazione politica della durata di qualche giorno rivolto a una
classe tutta al femminile composta da qualche giovane parlamentare
del Popolo della libertà e venticinque ragazze senza passato
politico ma con qualche esperienza nel mondo dello spettacolo
come attrici, concorrenti di reality o veline. Tutti i quotidiani
riportano l’intenzione espressa dal presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi alle allieve stesse di candidarle alle europee «per
avere volti giovani, facce nuove per rinnovare l’immagine del
Pdl e dell’Italia in Europa». Dalle pagine del periodico online
della Fondazione Farefuturo (presieduta da Gianfranco Fini)
Sofia Ventura denuncia: «se il problema della carente presenza
femminile nei luoghi della politica tocca molte democrazie, anche
se nel caso italiano si presenta in modo particolarmente acuto,
vi è una specificità tutta nostrana che aggrava ancor di più la
situazione. Ci riferiamo alla pratica di cooptazione di giovani,
talvolta giovanissime, signore di indubbia avvenenza ma con un
background che difficilmente può giustificare la loro presenza
in un’assemblea elettiva come la Camera dei deputati o anche
in ruoli di maggiore responsabilità». Sui media scoppia il caso
velinismo e politica.
Neopolitici o aspiranti politici che provengono dal mondo
dell’intrattenimento televisivo hanno la necessità, legata alla loro
professione «primaria», di frequentare gli studi televisivi e tutte
le occasioni che lo spettacolo offre, anche perché fonte della
loro popolarità e, dunque, della loro fortuna politica: così, la
televisione intreccia nel suo discorso elementi che rinviano a un
ruolo o all’altro, privilegiando, come negli esempi sopra riportati,
il principio della discordanza tra situazione comunicativa, seria
o leggera, e competenza dell’ospite, artistica o politica. Proprio
su questa discordanza fa affidamento la politica pop.
Il secondo tipo di trasformazione fa riferimento alla strategia
della personalizzazione con cui il personaggio politico tenta di
conquistare l’affetto e la simpatia del pubblico, ovvero del potenziale
elettorato. Gli esempi sono molteplici, soprattutto nei
periodi di precampagna elettorale, come nel 2006:
• Piero Fassino partecipa al programma C’è posta per te per
rincontrare e abbracciare la sua vecchia tata;
• Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli si prestano all’intervista
doppia di Le Iene, in cui raccontano le loro goliardate
giovanili;
• Antonio Di Pietro e Renato Schifani si tirano letteralmente
Torte in faccia in una puntata dell’omonimo varietà;
• Silvio Berlusconi compie una maratona televisiva partecipando
a diversi programmi: Il processo di Biscardi, Uno mattina,
Il senso della vita, Tutte le mattine, L’incudine, Liberi tutti - Storie
di italiani.
• La trasformazione da politico a soubrette può divenire in
taluni casi anche definitiva, come nel caso eclatante di Irene
Pivetti, che dopo essere stata la più giovane presidente della
Camera dei deputati (1994), abbandona la carriera politica per
diventare giornalista d’opinione per alcune testate giornalistiche
e poi conduttrice televisiva di programmi di intrattenimento e
infotainment, tra cui il reality show Bisturi (2004), assieme a Platinette.
Intervistata da Maria Volpe che le chiede: «Signora Pivetti
si rende conto dello choc: lei, rigorosa, ex terza carica dello stato,
va su Italia 1 con Platinette tra nasi nuovi e siliconi?», la Pivetti
risponde: «Non c’è nulla di riprovevole. Ci sono politici in carica
che cantano, suonano, ballano e bene fanno a farlo» (intervista
pubblicata in «Corriere della Sera», 6 gennaio 2004).
Già con la videopolitica, i programmi televisivi divengono,
dopo i partiti e le istituzioni parlamentari, una sorta di «terza
palestra» per i leader politici, luoghi decisivi per la promozione
della leadership. L’incontro con i ritmi, i fasti e le regole dello
spettacolo televisivo ha progressivamente trasformato la comunicazione
politica, eleggendo la performance carismatica, «simpatica»,
«autentica» a strategia privilegiata di conquista dell’elettorato, in
sintonia con il linguaggio e l’estetica dominanti della TV. Imitando
i meccanismi vincenti della soap opera e del talk show «intimista»,
l’uomo politico mostra in TV le sue qualità personali, «autentiche»,
cercando di legittimarsi secondo i canoni della notorietà.
L’attenzione per la rappresentazione di sé accomuna tutti i
personaggi che entrano a fare parte dello spettacolo televisivo, dal calciatore alla velina, dal politico all’attore. Il passaggio del
medesimo personaggio dal mondo dell’entertainment a quello
politico, e viceversa, si svolge senza soluzione di continuità,
producendo la ridefinizione della politica come mestiere, non
certo vocazione, alternativo ad altri ugualmente intrecciati con la
dimensione della celebrità. Il politainment, in questo caso, diviene
più che una chiave interpretativa della realtà politica, una vera
e propria strategia. Molti leader politici amano farsi riprendere
insieme alle star dello spettacolo sui palcoscenici mediatici, per
suggerire l’idea di una forte affinità tra la loro immagine e la
cultura condivisa dal pubblico:
Alle persone non viene chiesto di pensare, di esprimere valori e
interessi; esse vengono mobilitate dall’una o dall’altra parte attraverso
un evento, per esempio la presenza di un attore a un comizio elettorale.
La politica ormai si fa soprattutto in televisione, è svuotata dei suoi
contenuti e in TV si vedono spezzoni di informazione, con esponenti
della «chattering class», politici ed esperti dei dibattiti televisivi, che
ripetono giudizi in pillole che non vanno mai oltre il senso comune,
attentissimi a non scontentare nessuno (intervista a Marcus Raskin,
«Il Manifesto», 5 gennaio 2007). |